25 aprile: l’importanza della memoria, soprattutto adesso
Scritto da Emanuele Saccardo il Aprile 21, 2023
Il 25 aprile è una giornata particolare, di quelle in cui si celebra qualcosa di molto importante.
Una data vergata a fuoco ormai più nella storia che nella memoria collettiva, il che stupisce visto che si tratta di un evento che ha cambiato il volto del nostro Paese soltanto 78 anni fa.
L’importanza della memoria
C’è stato un prima e c’è un dopo 25 aprile.
Senza entrare in temi politici, ci limitiamo all’aspetto della memoria storica: se da un lato è fisiologico che una parte consistente, quella dei protagonisti, si perda nei decenni per ragioni di anzianità, non è sano che il testimone passato alle nuove generazioni rischi di sbiadire tanto in fretta.
Per questo cerchiamo, oggi, di ribadire che ogni forma di conflitto ci disgusta.
E che ogni disgusto non si può dimenticare ma deve essere trasmesso affinché, prima o poi, attecchisca l’idea che non si fa pace con i proiettili.
Durante le dirette di Razione K riceviamo messaggi anche toccanti, come quello di Claudio che ha ben chiaro, ancora, il racconto di suo padre Mario, ormai scomparso da tempo.
La memoria paterna arriva a proposito della prigionia in un campo di concentramento per ufficiali in Germania, a Buchenwald: «Per quanto fosse un soldato, quindi non un civile né un ebreo, le condizioni erano durissime».
«Fumavano petali di rose seccati al sole, barattavano stringhe di scarpe per qualche patata. C’era chi andava fuori di testa, come un commilitone di mio padre, un omone, che non resistette alla fame e morì di stenti».
È questa la guerra. Non è la gloria dei film epici, non è il ghigno eroico e distaccato di John Wayne.
È più la disperazione dei soldati di trincea di Niente di nuovo sul fronte occidentale. Se avete visto questo film, sapete di cosa parlo.
Il concetto di libertà
Che cos’è la libertà? Secondo Wikipedia, per libertà s’intende “la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un’azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.”
È un’affermazione esaustiva e scivolosa.
In epoca moderna e recente il concetto di libera scelta rischia di scappare un po’ di mano, su tanti fronti che non riguardano soltanto i conflitti bellici.
Purtroppo l’assoluto è sceso al rango di opinione personale, e viceversa.
Un altro messaggio ci ha fatto pensare, tempo fa. Era quello di Lucia che ricordava come sua mamma le raccontasse, quasi con nostalgia, il periodo della guerra a Milano.
La scuola spesso chiusa, il papà che le insegnò a giocare alla lippa (la versione meneghina di baseball e cricket in cui un bastone di legno deve colpire al volo il lippino, un pezzetto di legno più piccolo appuntito alle estremità, dopo averlo fatto sollevare da terra colpendolo proprio a una delle estremità): sono elementi che paradossalmente rimandano all’idea di un’infanzia libera, spensierata.
Forse un’infanzia può restare tale anche durante la guerra, almeno in certe circostanze e con un carattere particolare.
Speriamo di non doverlo mai fare scoprire ai nostri figli.
Le celebrazioni romane
E a proposito di memoria da non perdere e disperdere, a Roma si terranno da domenica 23 a martedì 25 aprile le celebrazioni per la Liberazione.
Si terranno alla Garbatella, proseguiranno fino alla sera di martedì con tavole rotonde, dibattiti, incontri con l’Anpi.
La resistenza resta al centro delle celebrazioni, come riportato dal Corriere della Sera.
Tre le location: il teatro Palladium, l’archivio Flamigni e l’hub culturale Moby Dick oltre a piazza Sauli, dove il 23 aprile si terrà una grande festa di apertura.
«Sarà un “festival” di tre giorni – ha spiegato qualche settimana fa il presidente dell’VIII Municipio, Amedeo Ciaccheri – dedicato alla memoria della resistenza nella nostra città e in tutta Italia. È la prima volta che accade».
«Non c’è anno in cui il 25 aprile non abbia un valore più alto dell’anno precedente – ha aggiunto -. Il valore è quello di una città come Roma, medaglia d’oro della Resistenza, che dà valore alla storia delle persone sacrificatesi per la democrazia, ora che i testimoni stanno sempre più venendo meno».
Al di là delle ideologie, per fortuna esistono iniziative e pensieri come questi, che aiutano a tenere vivo quello di cui parlavamo all’inizio: la memoria.
Forse hanno avuto ragione al Campidoglio, chissà: il modo migliore per ricordare e soprattutto far ricordare è attraverso i festeggiamenti.
Un concetto, quello del festeggiare, che può sembrare l’antitesi del ricordo di una guerra.
Ma se quel che si vuole fare è mostrare l’entrata, la Liberazione, per poi condurre per mano attraverso le stanze del ricordo, quindi raccontare che cosa è stato il Secondo Conflitto mondiale, forse allora l’espediente del festival è la chiave giusta.