Baggio Milano e il suo borgo antico

Scritto da il Ottobre 17, 2022

Oggi facciamo una passeggiata a nove chilometri da Milano, vicino al parco delle Cave e alla grande via Delle Forze Armate. Qualcuno avrà già capito che si tratta di un quartiere famoso: Baggio!

Pur essendo un luogo che per alcuni non offre escursioni mirate a qualcosa di particolare, è un quartiere da conoscere, vuoi anche solo perché vi si respira quell’atmosfera di una volta. Vi si intravvede la storia contadina e del suo borgo antico.

Molti di noi poi associano Baggio a una famosa espressione milanese: VA’ A BAGG A SUNA’ L’ORGHEN (“Vai a Baggio a suonare l’organo”). Perché mai si manda a quel paese qualcuno, invitandolo a Baggio a suonare l’organo? Perché questo organo non c’è. O meglio non c’era quando a fine Ottocento circa, i parrocchiani della chiesa di Sant’Apollinare fecero una raccolta di fondi per impreziosirla di un organo. Poi, non avendo comunque raggiunto la quota necessaria per l’acquisto dell’organo e per l’ampliamento della chiesa, decisero di farlo dipingere da un esperto pittore su una parete della chiesa. Ad oggi non si sa se questa sia una leggenda o meno, poiché nella vecchia chiesa un organo c’è e risale proprio alla seconda metà dell’Ottocento.

Baggio e la Zona Ovest di Milano

Nella zona Ovest del quartiere troviamo un’interessante struttura architettonica, l’ISTITUTO MARCHIONDI SPAGLIARDI, considerato un capolavoro dell’architettura brutalista, tanto che un suo modellino è esposto al MoMa di New York. Questo istituto è nato alla metà degli anni ‘50 come luogo destinato all’educazione di circa 300 ragazzi senza famiglia e disagiati. Il suo architetto, Vittoriano Viganò, creò degli spazi ampi e luminosi, collegati con il giardino. Aperti e liberi erano anche gli spazi didattici, per consentire ai ragazzi di vivere in un’atmosfera di libertà e di sviluppare il senso della collettività. In disuso da tempo, oggi si parla di intervento di riqualificazione finanziato con fondi del PNRR, (ricordiamo cosa significa: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, cioè un pacchetto da 750 miliardi di euro, concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica).

Il parco delle Cave

E poi c’è IL PARCO DELLE CAVE al margine est del quartiere. Bellissimo, ricco di alberi ed acqua con i suoi 4 laghetti artificiali che negli anni Venti erano delle cave da dove si estraeva sabbia e ghiaia. A metà degli anni 70 l’area divenne un parco e le cave vennero riempite con l’acqua del Ticino attraverso il Canale Villoresi. Il parco è ricco di vegetazione. Aceri, frassini, pioppi, querce, salici. Numerose sono anche le specie animali presenti ed avvistabili nel parco, ne citiamo uno per tutti perché ha un nome davvero simpatico, il Tuffetto, un uccello che ama le acque dei laghetti perché è un ottimo nuotatore e, se disturbato, si immerge con tutto il corpo mantenendo fuori dall’acqua solo il collo e la testa, come se fosse il periscopio di un sommergibile.

Nel parco, tra fine maggio ed inizio giugno, è possibile assistere ad uno spettacolo naturale meraviglioso, la “LUSIROEULA”, ovvero la “danza nuziale” delle lucciole, uno spettacolo raro ed affascinante, disponibile anche qui, all’interno di un’area metropolitana, da godere rigorosamente in silenzio e col telefono cellulare spento.

Nei pressi del Parco delle Cave troviamo la CASCINA LITERNO, salvata dalla demolizione nel 1999, oggi un monumento storico tutelato dal Ministero dei Beni Culturali che nella metà del 1300 fu residenza milanese di Francesco Petrarca. Negli anni Quaranta la cascina ospitò Giuseppe Gervasini, un prete detto il PRET DE RATANÀ, un singolare sacerdote che aveva fama di guaritore. C’è ancora qualcuno che ricorda la frase: “ El pret de Ratanà tutt i mài i e fa scappà! Perché veniva chiamato “ El pret de Ratanà? Semplice: perché proveniva da Retanate, un paese tra Pioltello e Vignate, in lombardo Ratanà. In molti si rivolgevano a lui per guarire o per preservare la salute dei loro animali. Sembra fosse un uomo dai modi rozzi e i suoi rimedi non erano certo scientifici. Venne così accusato di professare l’arte medica e nel 1902 fu sospeso dal Cardinal Ferrari a esercitare come sacerdote. Nel 1926, a 59 anni si trasferisce in via Fratelli Zoia, in una casa con giardino donatagli da una famiglia agiata in segno di riconoscenza. In effetti le guarigioni si manifestavano dopo aver usato rimedi come oli e unguenti, succo di aglio passato sulla parte dolente…sembra anche che abbia fatto bere l’acqua in cui si era lavato i piedi. Non chiedeva nulla per i suoi “trattamenti” durante i quali le persone venivano accolte con espressioni molto colorite e spesso offensive. Ai suoi funerali, nel 1941, parteciparono circa 3000 persone. Chi era devoto e riconoscente partecipò alla colletta per permettere a don Gervasini di essere sepolto al Cimitero Monumentale. La tomba si presentò subito sempre piena di fiori e lumini e frequentatissima dai suoi fedeli al punto che la salma fu trasferita in una zona più appartata del cimitero.


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