Canzoni per Milano (seconda parte): da Gaber a Lucio Dalla

Scritto da il Dicembre 16, 2022

Prosegue il nostro viaggio nella città che non dorme più e che forse non ha dormito mai.

Vi abbiamo lasciati con il racconto dei primi cinque municipi di Milano legati ad altrettante canzoni.

Vi abbiamo raccontato delle quattro di mattina e della radio di Manuel Agnelli lungo la circonvallazione.

C’è stato spazio per gli anni ’60 di Gaber e Porta Romana, Celentano e la via Gluck.

È passato anche Jannacci a raccontare le fabbriche degli anni ’70.

Si sono persino incrociati Myss Keta e Giovanni D’Anzi in un improbabile mix di musica antica e moderna, sulla direttrice Porta Venezia-Piazza Duomo.

È tempo di proseguire con le prossime stazioni: le ultime quattro circoscrizioni, più un regalo finale che abbraccia l’intera città.

 

Municipio 6: La ballata del Cerutti ci riporta a Gaber (e in Giambellino)

Un intenso primo piano di Giorgio Gaber

Un intenso primo piano di Giorgio Gaber

“Il suo nome era Cerutti Gino, ma lo chiamavan drago/gli amici al bar del Giambellino dicevan che era un mago”.

L’incipit è celebre, citato anche dagli Articolo 31 ne La fidanzata.

La storia del Cerutti è comune a tanti e a tante latitudini (basti pensare a Chicco e Spillo di Samuele Bersani): giovani sfaccendati, facce d’angelo che fanno il passo sbagliato e restano fermi un giro in prigione.

Ma la vita non è Monopoli e, qualche volta, va peggio di così.

Un omaggio tra il chiaro e lo scuro, quello del maestro del teatro canzone, che con la consueta capacità di sintesi fotografa la periferia della zona Lorenteggio di inizio anni Sessanta.

Da allora sono cambiati gli attori e alcune coordinate, ma le dinamiche descritte dal Signor G rimangono universali.

Ps. Anche gli Articolo 31 citati in precedenza hanno raccontato Milano a modo loro: quella di inizio millennio con lo sguardo distratto e il sole che scende dietro Porta Romana (zona cantata, guarda caso, dallo stesso Gaber).

 

Municipio 7: le Luci a San Siro di Vecchioni sopra ogni altra cosa

Questa circoscrizione arriva fino al Bosco in città e oltre.

Passa da Pagano e accarezza a Figino. Ma là nel mezzo brilla lui: il Meazza.

Il teatro dei sogni di mezza estate di tanti concerti meneghini, la scala del calcio di innumerevoli notti memorabili tanto per i tifosi del Milan quanto per quelli dell’Inter.

Uno, in particolare, sanguina da sempre in nerazzurro: Roberto Vecchioni.

Il professore con il sigaro in bocca, la chitarra sotto braccio e la poesia nel cuore.

E quanta ne ha cantata, di poesia, anche se qualche volta hanno provato a togliergli il gusto di farlo.

In Luci a San Siro c’è tutto, anche rabbia e disillusione.

C’è il rimpianto per un amore che non può tornare perché i vent’anni si possono vivere una sola volta.

C’è quella chiusa, “luci a San Siro non ne accenderanno più” che, al contrario, non smette di tenerle accese con l’infinita bellezza di questa canzone.

 

Municipio 8: Marta sui Tubi raccontano Sushi e Coca

Uno scorcio del Naviglio

Uno scorcio del Naviglio

Un altro salto nel tempo per arrivare al 2008 con il gruppo alternative rock capeggiato da Giovanni Gulino, che disegna senza giri di parole una città in preda alla frenesia tossica, all’efficienza di facciata, all’edonismo che fa rima con autodistruzione.

Il Municipio di riferimento è molto vicino al precedente e San Siro è ancora padrone della scena, ma non come stadio.

Non nell’accezione fisica, perlomeno. Lo stadio è quello di avanzata noncuranza, la zona è la stessa raccontata tra le nebbie di Vecchioni.

Qui però la poesia non c’è, qui c’è una Milano “che non può dormire”, ci sono “un sospiro a San Siro e uno sparo di sera”.

La Milano degli anni di piombo in cui lo stesso Vecchioni affonda le radici non era meno violenta, ma aveva forse un codice.

Magari soltanto diverso, senza dubbio più decifrabile.

 

Municipio 9: Boys from Comasina, by Vallanzaska

Le atmosfere brasiliane e l’omaggio esplicito a Garota de Ipanema di Carlos Jobin da parte del gruppo Ska-punk milanese non ingannino in questo brevissimo, apparentemente ironico brano del 1998.

Tutto rimanda agli anni di piombo di cui sopra, al bel René, quel quasi omonimo Renato Vallanzasca autore di numerose rapine a mano armata, omicidi e sequestri.

Vallanzasca è di Lambrate, ma la sostanza non cambia.

Davide Romagnoni e soci puntano con arguzia lo sguardo sulla vita facile – almeno in apparenza – della delinquenza un tot al chilo che insegue soldi e piacere.

Qualcosa che sembra essere una sorta di marchio di fabbrica occidentale e che a Milano pare sotto steroidi.

 

Milano, l’abbraccio di Lucio Dalla

Un primo piano di Lucio Dalla

Un primo piano di Lucio Dalla

Chiudiamo questo viaggio emotivo all’interno della musica dedicata dai milanesi a Milano, con un brano da brividi scritto da qualcuno che meneghino non era: Lucio Dalla.

Nella sua Milano (colpevolmente poco trasmessa dalle radio) riesce a inquadrare, con poche ma significative e incisive immagini, l’anima controversa della nostra casa frenetica.

Lui che ha saputo descrivere Bologna dal punto di vista di un clochard di Piazza Grande e che ha raccontato Roma quasi meglio dei romani in La sera dei miracoli, mette la firma con immagini forti e contrapposte.

Per esempio “zucchero e catrame”, oppure attraverso lo “sguardo maligno di Dio” sotto il quale si fa una domanda in tedesco e si risponde in siciliano.

Però, chiosa con lucidità il genio di Dalla, Milano quando piange, piange davvero. Chapeau.


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