Iron Maiden: la longevità dell’heavy metal british
Scritto da Emanuele Saccardo il Aprile 27, 2023
Oggi saliamo sulla nostra automobile del rock, guidiamo fino a Calais nel nord ovest della Francia.
C’imbarchiamo sul traghetto che attraversa la Manica e lo stretto di Dover, attracchiamo sotto le omonime bianche scogliere per poi tenere la sinistra viaggiando di nuovo sull’asfalto.
Direzione: Londra, dove ormai siamo quasi di casa. Ma Londra è casa vera per gli Iron Maiden, che nel quartiere di Leyton sono nati a metà degli anni ’70, più o meno nello stesso momento in cui esplodeva la cultura punk con i tutti i suoi derivati, soprattutto musicali.
Esordi complicati
La giovane band heavy metal incontrò non poche difficoltà per farsi strada e ottenere la pubblicazione del disco d’esordio in un contesto votato al punk.
La prima formazione vedeva, oltre al fondatore Steve Harris, Dave Sullivan e Terry Rance alle chitarre, Paul Day alla voce e Ron Matthews alla batteria.
Data zero: 1975 al Cart and Horses, un pub di Stratford, altro quartiere londinese.
Sul finire dell’anno Sullivan venne rimpiazzato da Dave Murray. Lo stesso Murray e Harris saranno gli unici membri fissi nell’intero arco della carriera del gruppo.
Per fortuna degli Iron esisteva anche il Ruskin Arms, uno dei pochi locali della città che proponeva musica dal vivo hard rock e heavy metal.
Già all’inizio molta centralità l’aveva la scenografia: effetti pirotecnici sempre presenti, così come Edward the Head, il pupazzone mostruoso mascotte ufficiale, poi diventato famoso con il diminutivo Eddie.
Un passo indietro: da dove arriva il nome della band? L’ispirazione venne a Steve Harris guardando il film L’uomo dalla maschera di ferro.
Nella pellicola si può vedere la vergine di Norimberga, il sarcofago da tortura, anche detto vergine di ferro.
Traduzione in lingua inglese: iron maiden, appunto.
L’arrivo di Bruce Dickinson
Saltiamo un po’ in avanti, arriviamo all’alba degli anni Ottanta.
Il punk ha il fiato più corto, la new wave elettronica spinge, ma spinge anche la corrente new wave del nuovo heavy metal di cui i Maiden fanno parte a pieno titolo.
Ma, c’è un ma: i cantanti in seno alla band durano come un gatto in tangenziale. Paul Day è arrivato fino al 1976, Dennis Wilcock fino al 1978 e il più promettente forse, Paul DiAnno, ha seri problemi di carattere, alcol e droga.
Quando Di’Anno viene allontanato, si rende necessaria la ricerca del quarto cantante in 6 anni. Il gruppo è al Reading Festival, assiste all’esibizione dei Samson: frastuono, un mare di gente.
Soprattutto per la voce che arriva dal palco a tagliare l’aria. Quello è Bruce Dickinson, all’epoca soprannominato “Bruce Bruce” e “Air Raid Siren” (“sirena d’attacco aereo”).
Colpo di fulmine reciproco: poche settimane dopo Dickinson entrerà negli Iron Maiden e ci resterà fino al 1993, quando arriverà il quinto vocalist, Blaze Bailey, che come da tradizione durerà poco: nel 1999 Dickinson tornerà sul trono, dove siede tuttora.
Ma siamo ancora al 1982, inizia la registrazione del nuovo album pubblicato pochi mesi dopo, The Number of the Beast, preceduto dal primo singolo Run to the Hills.
Gli Iron contro guerra e colonizzazione
Già da quella prima canzone, un atto d’accusa verso il massacro dei nativi americani da parte dei discendenti del May Flower (la nave di europei che fece da apripista verso la colonizzazione bianca delle americhe) è chiaro quanto il tema di guerre, battaglie, diseguaglianze sociali implicite sia uno dei pilastri delle liriche dei Maiden.
Scrivono con un punto di vista disincantato e crudo, tipicamente metal, mettendo in evidenza le dinamiche di questo o quello scontro: per esempio anche la guerra di Crimea del 1854 divenne d’ispirazione attraverso la carica a cavallo nella battaglia di Balaklava.
Scrivono anche di contesti più ampi come la guerra del Golfo tratteggiata in Afraid to Shoot Strangers.
Ma non sono soltanto i conflitti ad attirare l’attenzione lirica della band, ci sono in generale le iniquità del genere umano, la disonestà, la cieca avidità.
Pensiamo a brani come Holy Smoke, che punta il dito in modo anche ironico sui teleimbonitori evangelizzanti che negli Usa hanno spopolato, soprattutto negli anni Ottanta.
Oppure Childood’s End, canzone che inquadra alla perfezione, sebbene con un accento fortissimo sul concetto di carestie apocalittiche, la natura vorace e avida dell’essere umano.
Estate 2023: The Future Past Tour a Milano
A proposito di concerti live, anche nell’estate che sta per arrivare potremo ascoltare gli Iron Maiden dal vivo nel nostro Paese.
Accadrà sabato 15 luglio, qui a Milano, per il The Future Past Tour nell’ambito del Return Of The Gods Festival All’Ippodromo La Maura di San Siro.
Data unica dunque, line-up da urlo. A esibirsi prima di Dickinson e soci saranno Stratovarius, esponenti finlandesi della corrente power metal europea di metà anni Novanta; Epica, il gruppo della brava e bellissima Simone Simmons, alfieri del symphonic metal.
E ancora: gli inglesi Raven Age e i più giovani della giornata, ovvero sia i Blind Channel, emergenti ed esponenti dell’alternative metal.
Una giornata da non perdere, con il main event che confermerà ai più che Dickinson non è bollito, anzi.
A Sofia, l’8 marzo scorso, Bruce si è esibito in teatro con un’orchestra d’eccezione composta da 80 elementi e ha dato prova di avere ancora una voce che certi ventenni possono scordarsi.
La performance di Tears of the Dragon, ballad eccezionale del suo non fortunatissimo album solista Balls to Picasso del 1994, potete pescarla da YouTube. Anzi, dovete farlo.
I talenti di Dickinson
Torniamo sul frontman della band, il quasi 65enne Bruce Dickinson, che nella vita non si è limitato all’attività di cantante.
Soprattutto, non si è accontentato di hobby comuni, tipo un garage pieno di attrezzi.
Di certo non pare il tipo da collezioni di francobolli o monete.
L’elenco di passatempi, per così dire, è variegato e singolare: è stato medaglia d’argento ai campionati europei master di scherma a squadre. Basterebbe questo.
E invece: scrittore, speaker radiofonico e sopra ogni altra cosa pilota di aerei!
Parliamo di Boeing 757, quelli di compagnie commerciali per le quali ha lavorato.
Dickinson, pilota da 20 anni, è stato anche direttore commerciale della compagnia Astreus.
Non solo, ha avuto il privilegio di riportare in Gran Bretagna dall’Afghanistan i piloti della Raf, uno dei momenti esistenziali più toccanti per sua stessa ammissione.
Talenti importanti, non c’è che dire.
E comunque, volete sapere con chi ha perso la finale europea il buon Bruce fiorettista? Contro l’Italia!