Mariangela Melato: cuore milanese, vanto nazionale
Scritto da Luana Falasca il Febbraio 7, 2023
Oggi vogliamo ricordare una donna molto speciale, milanese, artista bravissima e molto amata dal pubblico.
Una figura di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario dalla scomparsa.
L’influenza della città
Parliamo di Mariangela Melato, classe 1941, nata nel quartiere San Marco.
Da ragazza studiò pittura all’accademia di Brera, disegnò manifesti e lavorò come vetrinista alla Rinascente per potersi pagare i corsi di recitazione.
Mariangela riteneva che fosse stato il carattere di Milano a plasmare il suo.
Lo spiegava più o meno così: per via del “clima schifoso”, spesso freddo e nebbioso, in un posto dove la gente non sta nei bar a chiacchierare, la personalità di una ragazza si forma con un po’ di durezza.
Un’attrice poliedrica e pluripremiata
Voleva fare l’attrice. Lo voleva fortemente e ci riuscì.
La sua bravura le valse diversi premi: 6 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 2 Globi d’oro e molti altri riconoscimenti.
Nella sua bacheca personale ci sono anche un Ambrogino d’oro (1979), l’onorificenza più prestigiosa conferita dal Comune di Milano, e un premio Flaiano alla carriera, ricevuto nel 2005 per l’attività teatrale.
Mariangela Melato è stata attrice di tutto: dal teatro al cinema, passando dalla Tv dove fu grande protagonista con performance indimenticabili.
Celebre il suo interminabile balletto a Canzonissima nel 1973, con il quale dimostrò di essere anche una danzatrice di talento, ma soprattutto una donna dotata di grande ironia.
Pare che quest’apparizione con il corpo di ballo Rai folgorò Renzo Arbore al punto da farlo innamorare all’istante di lei, donna originale e intelligente.
L’attività cinematografica
Sono tanti i film che l’hanno avuta nelle vesti di protagonista. Citiamo tre imperdibili capolavori.
La classe operaia va in paradiso, pellicola di Elio Petri del 1971, dove la Melato recita al fianco di Gian Maria Volonté.
Il succo del film è tutto nel titolo, un racconto della lotta di classe e delle sue contraddizioni.
La poliziotta, lungometraggio di Steno del 1974, è invece una commedia nella quale Mariangela interpreta con ironia una vigilessa integerrima.
Novella Giovanna d’Arco, si batte per i propri diritti di donna e per la giustizia in un contesto provinciale nel quale dominano maschilismo e corruzione.
Ultimo ma non ultimo, Dimenticare Venezia di Franco Brusati del 1979.
Un film sulla memoria, sulla paura di invecchiare. Fu una delle prime pellicole a raccontare l’omosessualità in anni in cui il tabù rendeva complesso trattarne il tema.
Tre film, tra i tanti, che ci fanno capire versatilità e sensibilità di Mariangela Melato.
Lei stessa diceva dei colleghi: «Gli attori che mi piacciono sono prima di tutto persone particolari. Non credo che si nasca attori, ma persone più sensibili e più attente al mondo che ci circonda».
L’attività teatrale e la riconoscenza di Milano
E poi tanto teatro. Per lei recitare i classici era meraviglioso, considerava il loro linguaggio da preservare e tramandare.
Per questo, ma non solo, Milano le ha intitolato l’ottocentesco Teatro Fossati, diventato nel 1986 Teatro Studio e dal 2013, anno della sua scomparsa, Piccolo Teatro Studio Melato.
Questo spazio è un laboratorio sperimentale, una sorta di ‘palestra’ per i giovani allievi della scuola del Piccolo.
Completamente rinnovato all’interno, oggi si presenta con la pianta circolare nella sua ‘nudità’ e le balconate a ballatoio.
È uno spazio essenziale, elegante e anticonformista come la donna alla quale è stato intitolato.
La vita privata: luogo da proteggere e raccontare
Prima donna, ma anche riservatissima, Mariangela Melato ha voluto e saputo proteggere la propria vita privata scindendola da quella professionale.
Ogni suo gesto, artistico e pubblico, ogni sua intervista, sono preziosissime lezioni di intelligenza ed eleganza.
Amava pensarsi come una persona per bene, della quale fidarsi (riferendosi al suo lavoro prima di tutto).
Sosteneva che un viso è attraente quando può e sa esprimere un sentimento, e che la bellezza non è perfezione.
I ritocchi, diceva, «fanno di una persona una maschera lontana da sé».
Mariangela Melato amava le facce vere, quelle che si segnano piano piano con il trascorrere dei giorni. Tutto questo ce la fa amare, se possibile, ancora di più.