Ossessione e celebrità: quando i fan uccidono i propri idoli (prima parte)
Scritto da Emanuele Saccardo il Marzo 9, 2023
Se è plausibile che i fan a poco a poco uccidano l’immagine dei propri idoli; se è vero che l’idolatria è un peccato, almeno in alcune concezioni, religioni e culture.
Se non è possibile spiegare fino in fondo certi gesti, conseguenza forse di vicoli ciechi o specchi distorti della mente.
Quando tutti questi “se” convergono, allora possono materializzarsi i destini comuni di Darrell Lance Abbott (meglio noto come Dimebag Darrell), John Winston Lennon (o John Lennon), Selena Quintanilla Perez (Selena) e Christina Grimmie.
Ma anche di Rebecca Schaeffer e Mikhail Lermontov, che non furono cantanti bensì attrice e poeta, uniti in una precoce e iniqua dipartita.
Non sarà un viaggio facile né comodo, né soltanto rock, né piacevole se non nel ricordo della musica che molti di loro hanno ispirato o ci hanno lasciato.
Perché al di là dei nomi d’arte, ci sono quelli delle persone; di persone che come tutti noi volevano credere nel futuro e illudersi che l’eternità non sia solo un’idea astratta.
Persone che, invece, hanno trovato la fine molto prima, per mano di chi un futuro lo ha sempre e solo popolato di nemici e fantasmi.
Dimebag Darrell
Una bustina. Per esempio quella di un the. Oppure piena di zucchero.
Nel rock, però, circolano di solito bustine di altro genere. E non è mai zucchero.
Bustina si può tradurre con Dimebag, che può voler dire anche dose.
Non nel caso di cui stiamo per parlare, però: è stato anche il soprannome di Darrell Lance Abbott, per ragioni che resteranno ignote.
È noto che Darrell non si sia mai drogato se non di musica, in particolare di chitarra.
Insieme con il fratello Vinnie Paul ha fondato i Pantera prima (gruppo di trash metal che tra gli anni ’80 e ’90 è stato di capitale importanza nel suo genere), e i Damageplan poi, band con la quale trovò una morte assurda nel 2004.
Venne ucciso da un ex militare schizofrenico, salito sul palco durante un live di promozione del primo disco dei Damageplan, a Columbus, in Ohio.
Il motivo non lo sapremo mai: l’assassino di Darrell fu freddato da un poliziotto dopo aver ucciso, oltre a Dimebag, altre tre persone.
Ciò che conosciamo è l’incredulo dolore che la scomparsa di Darrell Abbott ha lasciato tra fan, familiari e colleghi.
Uno in particolare, caduto in depressione dopo la morte precoce di uno dei suoi migliori amici.
Si tratta di Zakk Wylde, ex di Ozzy, che dedicò a Dimebag il brano In this river.
Selena Quintanilla
Corpus Christi, parte meridionale del Texas, due passi dal Messico.
Sinaloa e Chihuahua sono lontane, molto meno l’onda lunga dei cartelli che rappresentano.
E il nome del posto in cui ci troviamo adesso, Corpus Christi, il corpo di Cristo, può sembrare profetico.
Perché questa è una storia di sangue, ma non ha che fare con la droga, con i Narcos.
Selena Quintanilla osserva la baia che prende il nome sacro dalla città, che per lei è altrettanto sacra.
Non nel nome di Dio, non solo, soprattutto nel nome della musica cui si regala in tutto e per tutto da quando ha 8 anni.
A 9 anni invece, la bambina mora dallo sguardo fermo, fiero e felice, ha già inciso il primo disco di una carriera che, fino ai 23, gliene farà vendere milioni.
A oggi sono più di 60, quei milioni.
Ma lo sguardo fermo, fiero e felice di Selena non è più qui a leggere il proprio nome sui gornali, rimirare premi o indugiare sul tramonto della baia della città sacra che l’ha adottata e sacrificata in nome dell’avidità.
Messa in croce con due pallottole per i profitti di due templi, il fan club e la catena di negozi d’abbigliamento con il suo nome sopra.
Crocifissa da un’ex collaboratrice: Yolanda Saldivar, accusata di furto.
L’altare, un Days Inn Motel, a pochi passi dall’orizzonte aperto dell’oceano. Un colpo frontale, uno alla schiena.
Un tiro vigliacco per mano di un’anima avida.
Selena fece in tempo a raggiungere la reception del motel, a dire il nome di chi aveva premuto il grilletto e il numero di stanza, prima di spirare a soli 23 anni.
John Lennon
Era il giorno dell’Immacolata, almeno qui da noi.
Perché a Central Park West, sulla 72esima, tra i Majestic Apartment e il Dakota building, quindi a Manahattan, perciò a New York, in dicembre si festeggiano solo il Natale e il nuovo anno la notte tra 31 dicembre e Primo gennaio.
Ma è comunque un giorno speciale, almeno per John Winston: nessuno lo chiama così, forse nemmeno lui si ricorda che ha un secondo nome tanto importante come quello del Primo Ministro britannico più determinante della storia.
John è inglese di nascita, è di Liverpool. Anche lui ha fatto la storia, però della musica, insieme ad altri 3 ragazzi piuttosto noti.
Ora, a 40 anni, è pronto per un nuovo capitolo della sua vita e si sente americano, soprattutto newyorkese.
L’Fbi non la pensa così e lo considera un sovversivo, ma John riflette tra sé e sé, mentre sta rincasando, che tutto passa e che anche questo si sistemerà.
John è ottimista e sereno, le dipendenze sono lontane, la voglia di scrivere invece è vicina, è tornata.
L’album Double Fantasy, il primo del nuovo decennio per lui e la moglie, lo mette di buon umore.
Sta andando tutto piuttosto bene, infatti ci sono i soliti fan sotto casa.
Uno spicca su tutti e attira la sua attenzione: lo aveva visto anche qualche ora prima, gli aveva chiesto un autografo.
Qualcuno ha scattato anche una fotografia.
Un fan accanito, è ancora lì dopo un’intera giornata.
Ci vuole pazienza, oppure qualcos’altro.
Mentre John si avvicina all’ingresso del palazzo, vede che quel fan non ha più in mano una penna e un vinile, stringe qualcosa che pare essere… una pistola.
Il fan lo chiama, Hey Mr Lennon… poi cinque colpi.
John ci aveva visto bene con quegli occhiali che ora sono imbrattati di sangue. Del suo sangue.
Quattro di quei colpi lo hanno raggiunto, uno ha trapassato un’arteria.
Non c’è più tempo. I was shot, poi il buio.
O forse la luce, o forse è stato scendere da un’auto per salire su un’altra.
Continua…